Il tempo degli eroi, dei condottieri senza macchia né paura, è finito. È il momento dei compromessi, delle alleanze convenienti, della furbizia, persino della viltà. Il mondo dei grandi uomini che affrontano la vita e la morte quasi sfidando gli dei, il mondo di Achille, di Ettore e di Aiace non esiste più. È finito per sempre, oggi, trionfano la furbizia di Ulisse e l’arroganza del potere disposto a tutto, dei “condottieri” alla Agamennone e Menelao che “dimenticano” con estrema disinvoltura quanto è stato fatto per loro in guerra, mettendo al primo posto la loro autorità. La società “nuova” è costruita sul potere, sul comando e sull’obbedienza. Non c’è più spazio per i “solisti” che sfidano tutto e tutti.
È questo, ma anche qualche altra cosa in più, “Aiace” di Sofocle che ha aperto la XLVI edizione degli spettacoli classici siracusani. Il regista Daniele Salvo, che l’anno scorso diresse il grande Giorgio Albertazzi in “Edipo a Colono”, ha scelto di percorrere la strada filologica, con rigore, senza tentennamenti. Dalla scenografia ai costumi, dai movimenti alle musiche, così come nella recitazione, non ci sono ammiccamenti, a parte una torre-tenda che si apre e chiude con movimenti meccanici. Deve essere lo spettatore a contestualizzare, a rendere contemporanea una vicenda dolorosa e ricca di pietas come quella di Aiace.